“Samarcan è una nobile cittade, e sonvi cristiani e saracini.“
Marco Polo, Il Milione
Sono passati secoli da quando Marco Polo (1254 – 1324) scrisse questa frase per descrivere Samarcanda, eppure questa città millenaria, tra le più antiche al mondo, esercita ancora oggi sui viaggiatori un fascino intramontabile.
Situata sulla Via della Seta, l’antica via commerciale che collegava la Cina col il Mediterraneo, Samarcanda era la città più ricca dell’Asia Centrale. Passavano da qui mercanti e ambasciatori, scrittori ed esploratori, facendo sosta durante i loro lunghi viaggi verso le mete lontane. Si incontravano qui l’Occidente e l’Oriente, le due facce di un solo mondo.

Fondata nel VII sec. a. C., Samarcanda vanta una storia travagliata e complessa. Nel 329 avanti Cristo fu espugnata da Alessandro Magno (356 – 323 A.C. ), per un periodo fece parte dell’Impero Persiano, fu invasa dagli arabi e conquistata poi dai mongoli di Genghis Khan (1162 – 1227) nel 1220. Ma il periodo del suo massimo splendore culturale coincide con il regno di Amir Timur, conosciuto meglio come Tamerlano (1336 – 1405), che la fece diventare la capitale del suo stato e costruì i suoi più bei monumenti. Tamerlano prima e suo nipote Ulugh Beg (1393 – 1449) dopo, fecero di Samarcanda l’epicentro economico, culturale e intellettuale dell’Asia Centrale. Nel XV secolo gli uzbeki conquistarono la città e ne rimasero padroni fino al 1868 quando la occuparono i russi.

E questo alone russo aleggia qui ancora su questa città antica come un velo sottile che in qualche modo accomuna un po’ tutte le città che facevano parte del dominio sovietico. La semplicità delle persone che camminano senza fretta lungo le strade, i loro abiti tradizionali, i sorrisi dei loro volti sereni che mettono in mostra i loro denti dorati, ti fanno sembrare come se il tempo ad un certo punto qui si fosse fermato. Nessun schiamazzo, uomini che in piccoli gruppi chiacchierano sulla piazza, le donne vestite quasi tutte in modo uguale ma con abiti coloratissimi e diversi tra di loro, i bambini che scorrazzano spensierati di qua e di là senza allontanarsi troppo dalle loro famiglie. Uomini, donne e bambini, molti di loro con il capo coperto. Diversamente da altri popoli europei che hanno abbandonato i loro abiti medievali, l’abbigliamento nazionale del popolo dell’Uzbekistan, essendosi evoluto nella vita di tutti i giorni, è ancora utilizzato dalla maggior parte della popolazione rurale fino ad oggi. Colpiscono i lineamenti bellissimi di alcuni abitanti ed è visibile la presenza nel popolo di varie etnie: la maggioranza uzbeka si è mescolata con kazaki, tagiki, tatari e russi.
Samarcanda si presenta oggi divisa in tre parti ma la maggior parte dei luoghi d’interesse è situata nella parte della città vecchia, la cui urbanistica è rimasta inalterata dal XV secolo. Il più interessante è sicuramente il Registan, un complesso di tre madrase contraddistinto da maioliche, mosaici turchesi e spazi proporzionati. Non molto distante si trova la Moschea di Bibi-Khanym, costruita da Tamerlano e per molto tempo tra le più grandi moschee del mondo. Crollata durante il terremoto de 1897, oggi è ormai quasi in rovina.

Registan, che tradotto significa “Piazza Reale”, è un nome comune a molte piazze orientali. La piazza è delimitata su tre lati da imponenti madrase costruite nell’arco di duecento anni, tra il Quattrocento e il Seicento. La più antica è la Madrasa di Ulugh Beg che chiude il lato sud della piazza. Si presenta con quattro minareti e un cortile interno quadrato sul quale si affacciano le camere degli studenti. Di fronte si erge la spettacolare Madrasa di Sher-Dor (Madrasa dei Leoni) costruita con grande sfarzo e la più interessante delle tre. Sull’ivan sono riprodotte le figure dei leoni che danno il nome alla madrasa. Nonostante la religione islamica proibisse la rappresentazione di esseri viventi, la vicinanza della Cina e l’influenza dell’arte orientale hanno fatto qui la sua parte. Sul lato ovest si affaccia la Madrasa di Tilla-Kori, ricoperta d’oro di cui oggi è rimasto ben poco. Presenta una doppia serie di archi che terminano con due minareti agli angoli.

Il più suggestivo luogo di Samarcanda è senza dubbio la necropoli Shah-e Zinda, una strada fatta di tombe, dove il sole si riflette sull’azzurro delle maioliche e ricorda ancora oggi la magnificenza dei sovrani che le hanno costruite. Questo importante complesso dell’arte islamica medievale consiste in una ventina di edifici artisticamente decorati con piastrelle di ceramica smaltata sulle pareti. Si entra nella necropoli passando sotto un grande portale fatto costruire da Ulugh Beg nel 1434. I mausolei custodiscono le spoglie dei membri della famiglia e di alcuni favoriti dei khan, tra cui una sorella e la moglie più giovane di Tamerlano.

Una sosta merita il Mausoleo di Tamerlano fatto costruire dello stesso per raccogliere le spoglie di un nipote a lui molto caro, caduto in battaglia all’età di vent’anni. Nel mausoleo vennero poi sepolti oltre al nipote, lo stesso Tamerlano, i suoi due figli, un suo maestro, uno sceicco e l’astronomo Ulugh Beg. L’interno dell’edificio è a forma quadrata con nicchie laterali. Sul pavimento sono allineati i sarcofagi della famiglia reale, quello di Tamerlano in nefrite verde scura. Le pareti del mausoleo sono coperte di lamine d’oro.
Il grande sovrano della dinastia dei timuridi, Ulugh Beg, fu amico e protettore di poeti e artisti, scienziato e protettore delle scienze. Fece costruire qui il più importante osservatorio del Medioevo, con un quadrante in marmo di 36 metri e un sestante di alta precisione intagliato nella roccia. L’osservatorio andò distrutto in seguito alla congiura del palazzo (quando Ulugh Beg venne ucciso per ordine del figlio) e poi ristrutturato durante il secolo scorso. La scia blu dipinta sul muro alle spalle della sua statua ci accompagna mentre lentamente stiamo per lasciare questa magnifica città.
Bellissima, misteriosa, fatale, leggendaria, con i suoi colori e le sue maioliche dipinte, con le sue cupole turchesi e il suo bazar variopinto, Samarcanda ancora oggi evoca i tempi lontani dei grandi viaggi, lunghi dei mesi interi o talvolta anni. Viaggi fatti senza mezzi di comodità odierni ma pieni di curiosità e di speranza. Viaggi fatti dai veri viaggiatori.
DA NON PERDERE: La cucina uzbeka è una delle più colorite fra le cucine orientali. Alcune ricette sono vecchie di secoli e mantengono i rituali osservati strettamente. Il Palov è il cavallo di battaglia ed il motivo di orgoglio per gli uomini uzbeki che lo preparano su una fiamma aperta servendo in occasioni speciali (matrimoni) fino a 1000 persone dallo stesso couldron. Il katyk, il yogurt tipico e il suzma, simile a ricotta, sono usati nelle insalate.
ALCUNE CURIOSITA’: Il pane qui è considerato sacro! Secondo la tradizione, quando qualcuno lascia la famiglia morde un pezzetto di Obi-non (pane uzbeko) che poi viene sotterrato finché il viaggiatore ritorna e mangia il pane intero. Gli uomini in genere indossano i colori scuri ad eccezione del vivacissimo sash usato dagli anziani per chiudere i loro lunghi giubbotti imbottiti. Quasi tutti portano il dopy, un capellino nero grandangolare con ricami bianchi. Le sopraciglia che si uniscono alla radice del naso sono considerate qui un segno di bellezza. Se la donna porta una o due frecce significa che è sposata, se ne ha di più, significa che è nubile.
COME ARRIVARE: Da aprile i voli settimanali della Uzbekistan Airways da Milano e Roma, con scalo ad Urgench nei periodi di alta stagione.
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This is a great article…and is full of wonderful photos. Brava !
I hope you can travel again soon. Tanti baci,
K
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Grazie cara!!!
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Meraviglia!!!
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Grazie di cuore Giovanni!!!
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